La direzione Pd: "Grazie Enrico, ora Renzi a Palazzo Chigi". Letta getta la spugna: "Mi dimetto"
Il presidente del Consiglio domani salirà al Quirinale. Il segretario democratico lo liquida con un breve documento approvato a larga maggioranza (136 sì): "Serve rilancio radicale, correrò il rischio".
Il presidente del Consiglio domani salirà al Quirinale. Il segretario democratico lo liquida con un breve documento approvato a larga maggioranza (136 sì): "Serve rilancio radicale, correrò il rischio".
ROMA - Una formula di cortesia in perfetto politichese per dare il benservito a Enrico Letta e avviarsi verso la conquista di Palazzo Chigi. Matteo Renzi aprela direzione Pd, convocata oggidopo giorni di tensione per decidere il destino del governo, leggendo un breve documento di "congedo", messo poi ai voti e approvato a larga maggioranza (136 favorevoli, 16 contrari, 2 astenuti). "La direzione - recita il testo di appena 25 righe - ringrazia Letta per il notevole lavoro svolto. Assume il documento 'Impegno Italia' (presentato ieri dal premier,ndr) come un contributo, ma ritiene necessario e urgente dover aprire una fase nuova con un governo nuovo". Leggi il testo integrale
Letta: "Mi dimetto". Scontate le conseguenze del voto. Enrico Letta, dopo dieci mesi sull'ottovolante delle larghe intese, sfiduciato dal suo stesso partito getta la spugna e annuncia le sue dimissioni in una nota altrettanto scarna: "A seguito delle decisioni assunte oggi alla direzione nazionale del Partito democratico - si legge- ho informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio dei ministri".
Il tweet di Renzi. Alle 20.34, mentre Letta saluta, con una punta di amarezza, i suoi collaboratori a Palazzo Chigi con un brindisi per sottolineare il buon lavoro fatto prima di tornare a casa, Renzi commenta la giornata con un tweet:
Il discorso in direzione. Nel suo intervento all'assise democratica Renzi sottolinea l'inadeguatezza, dal suo punto di vista, dell'esecutivo Letta: "In questi ultimi due mesi è parso evidente a tutti, forze politiche, economiche, sociali, che l'attività del governo ha vissuto una fase di difficoltà". Ma chiude all'ipotesi di elezioni anticipate: "Non siamo a un derby di opinioni, ma siamo a un bivio - spiega - da un lato l'occasione chiara di chiudere la legislatura e andare al voto, dall'altro l'occasione di trasformarla in legislatura costituente". E ammette che "le elezioni hanno suggestione e fascino, specialmente per chi di sinistra vorrebbe avere una vittoria piena per cambiare il paese", ma "il passaggio elettorale non vede ancora una legge in grado di garantire la certezza di vittoria di uno o di un altro". Insomma, riassume il segretario, il voto anticipato "non risolverebbe i problemi sul tappeto".
L'altra strada, quella di un nuovo governo, "è una scelta azzardata - sostiene ancora il sindaco - ma può avere senso se hai il coraggio di dire alle realtà europee che l'obiettivo è il 2018 con riforme elettorali, costituzionali ed il tentativo di cambiare le regole a partire da una burocrazia opprimente".
Siamo al bivio. A chi gli chiede di pensarci bene prima di accettare l'idea della staffetta per evitare di bruciarsi, risponde: "Mettersi in gioco adesso ha un elemento di rischio personale. Ma chi fa politica ha il dovere di rischiare in alcuni momenti. Vale anche per me". Ma questo, aggiunge, "non è un rischio personale, è il rischio del Pd" che deve "prendersi la responsabilità di ciò che sta accadendo". Il partito, sottolinea, "potrebbe aspettare e non rischiare ma in 20 anni non si sono fatte le cose. O il Pd ha un protagonismo forte o il cambiamento è solo a parole". Un cambiamento che viene offerto al dibattito istituzionale che, ricorda Renzi richiamando il Capo dello Stato, "sta vivendo l'ennesima pagina triste nel momento in cui il presidente della Repubblica viene accusato in modo strumentale di essere venuto meno ai propri compiti. Vorrei rivolgessimo un pensiero a Giorgio Napolitano e al suo lavoro".
Uscire dalla palude. Il nuovo esecutivo, chiarisce il segretario, è da condividere "con l'attuale coalizione di governo". E sottolinea che "il Pd mai ha fatto mancare l'appoggio all'esecutivo. Ma se la situazione in cui ci troviamo richiede l'energia e la forza di un cambiamento non è un problema caratteriale: sono le regole della politica". E conclude con un appello: "Propongo un patto legislatura per dare risposte reali al Paese. E' la strada più difficile e meno battuta. Vi chiedo tutti insieme di uscire dalla palude".
Cuperlo: "Meglio non votare". Dalla minoranza del Pd arriva un sostanziale via libera alla linea del segretario. Ma con qualche precisazione. Gianni Cuperlo nel suo intervento fa una richiesta: "Assumendo la linea indicata dal segretario, e che il presidente del Consiglio ha il compito di valutare, chiedo che la direzione non venga chiamata a esprimersi con un voto. Anche per evitare un precedente che non appartiene alle democrazie parlamentari". L'ex presidente dem ricorda che lui stesso la settimana scorsa aveva chiesto un chiarimento sul rapporto tra Pd e governo. E aggiunge: "Dalla palude spero che si esca non con una lacerazione ulteriore ma con unità del partito".
Ma l'appello di Cuperlo, rincarato poco dopo anche da Stefano Fassina, cade nel vuoto e Sandra Zampa, vicepresidente alla direzione del Pd, annuncia che il "voto è previsto al termine del nostro dibattito", pregando i colleghi di non lasciare la sala prima che si concluda la votazione. Tant'è che Cuperlo, più tardi, annuncia a margine della riunione che lui e i suoi voteranno a favore del documento del segretario.
Senatori e deputati con Renzi. Sia il capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, che quello dei deputati, Roberto Speranza, approvano la strada proposta dal segretario. Per Zanda "l'accelerazione imposta da Matteo è necessaria: serve un governo che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura e che abbia un profilo politico che gli consenta di affrontare le nostre grandi emergenze". Anche Speranza si dice d'accordo a correre il rischio prospettato da Renzi, anche se occorre "un'ulteriore riflessione sul programma e sul merito". E aggiunge: "La grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia".
Civati dice no. Il terzo classificato alle primarie, Pippo Civati, è l'unico a manifestare apertamente la sua contrarietà alla linea del segretario: "Personalmente sono molto a disagio. Una cosa che non accetto è che si parli di scelta obbligata: è una scelta politica fino in fondo quella di sfiduciare Enrico Letta". E aggiunge: "Non capisco perchè sostituendo il premier con la stessa maggioranza le cose dovrebbero cambiare. E poi, come diceva il grande poeta, 'il modo ancor m'offende'. Potevamo farla in modo diverso. E' invece è successa una via di mezzo tra la prima Repubblica e shining". Quindi conclude: "Io mi dichiaro contrario a questa scelta".
Il voto. Poco prima del voto, tutti gli esponenti lettiani in direzione Pd abbandonano la sala per non partecipare alla votazione sul documento di sfiducia al governo Letta. A lasciare la sala, tra gli altri Paola De Micheli, Vito De Filippo, Anna Ascani e Lorenzo Basso. Alla fine, come detto, sono sedici i voti contrari, compreso quello di Civati che, in serata, scrive un amaro post sul suo blog dal titolo "Cordiali saluti".
L'assenza di Letta. Il premier intanto, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd, aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato alla riunione. "Si decida con serenità" aveva detto il capo dell’esecutivo, "preferisco aspettare a Palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese".
Presagi di dimissioni. Ma proprio dall’interno del partito questa mossa è stata subito interpretata come la decisione di lasciare, nonostante la prova di forza di mercoledì. "Se Letta non c’è - ha commentato a Radio 2 Sergio Chiamparino - è probabilmente perché ha già deciso che si dimette". E Civati, intercettato mentre varcava la soglia del Nazareno, ha parlato apertamente di dimissioni che sarebbero potute arrivare "già nel pomeriggio". Intanto un tweet del Financial Times annunciava la cancellazione della visita di Letta nel Regno Unito. Dopo l'intervento di Renzi, Angelino Alfano e i ministri del Nuovo Centrodestra avevano raggiunto il premier a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione. E salutarlo definitivamente, pronti ad accogliere Matteo come nuovo premier. Ma con precisi paletti: "Non sia un governo di centrosinistra".
ROMA - Una formula di cortesia in perfetto politichese per dare il benservito a Enrico Letta e avviarsi verso la conquista di Palazzo Chigi. Matteo Renzi aprela direzione Pd, convocata oggidopo giorni di tensione per decidere il destino del governo, leggendo un breve documento di "congedo", messo poi ai voti e approvato a larga maggioranza (136 favorevoli, 16 contrari, 2 astenuti). "La direzione - recita il testo di appena 25 righe - ringrazia Letta per il notevole lavoro svolto. Assume il documento 'Impegno Italia' (presentato ieri dal premier,ndr) come un contributo, ma ritiene necessario e urgente dover aprire una fase nuova con un governo nuovo". Leggi il testo integrale
Letta: "Mi dimetto". Scontate le conseguenze del voto. Enrico Letta, dopo dieci mesi sull'ottovolante delle larghe intese, sfiduciato dal suo stesso partito getta la spugna e annuncia le sue dimissioni in una nota altrettanto scarna: "A seguito delle decisioni assunte oggi alla direzione nazionale del Partito democratico - si legge- ho informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio dei ministri".
Il tweet di Renzi. Alle 20.34, mentre Letta saluta, con una punta di amarezza, i suoi collaboratori a Palazzo Chigi con un brindisi per sottolineare il buon lavoro fatto prima di tornare a casa, Renzi commenta la giornata con un tweet:
Il discorso in direzione. Nel suo intervento all'assise democratica Renzi sottolinea l'inadeguatezza, dal suo punto di vista, dell'esecutivo Letta: "In questi ultimi due mesi è parso evidente a tutti, forze politiche, economiche, sociali, che l'attività del governo ha vissuto una fase di difficoltà". Ma chiude all'ipotesi di elezioni anticipate: "Non siamo a un derby di opinioni, ma siamo a un bivio - spiega - da un lato l'occasione chiara di chiudere la legislatura e andare al voto, dall'altro l'occasione di trasformarla in legislatura costituente". E ammette che "le elezioni hanno suggestione e fascino, specialmente per chi di sinistra vorrebbe avere una vittoria piena per cambiare il paese", ma "il passaggio elettorale non vede ancora una legge in grado di garantire la certezza di vittoria di uno o di un altro". Insomma, riassume il segretario, il voto anticipato "non risolverebbe i problemi sul tappeto".
L'altra strada, quella di un nuovo governo, "è una scelta azzardata - sostiene ancora il sindaco - ma può avere senso se hai il coraggio di dire alle realtà europee che l'obiettivo è il 2018 con riforme elettorali, costituzionali ed il tentativo di cambiare le regole a partire da una burocrazia opprimente".
Siamo al bivio. A chi gli chiede di pensarci bene prima di accettare l'idea della staffetta per evitare di bruciarsi, risponde: "Mettersi in gioco adesso ha un elemento di rischio personale. Ma chi fa politica ha il dovere di rischiare in alcuni momenti. Vale anche per me". Ma questo, aggiunge, "non è un rischio personale, è il rischio del Pd" che deve "prendersi la responsabilità di ciò che sta accadendo". Il partito, sottolinea, "potrebbe aspettare e non rischiare ma in 20 anni non si sono fatte le cose. O il Pd ha un protagonismo forte o il cambiamento è solo a parole". Un cambiamento che viene offerto al dibattito istituzionale che, ricorda Renzi richiamando il Capo dello Stato, "sta vivendo l'ennesima pagina triste nel momento in cui il presidente della Repubblica viene accusato in modo strumentale di essere venuto meno ai propri compiti. Vorrei rivolgessimo un pensiero a Giorgio Napolitano e al suo lavoro".
Uscire dalla palude. Il nuovo esecutivo, chiarisce il segretario, è da condividere "con l'attuale coalizione di governo". E sottolinea che "il Pd mai ha fatto mancare l'appoggio all'esecutivo. Ma se la situazione in cui ci troviamo richiede l'energia e la forza di un cambiamento non è un problema caratteriale: sono le regole della politica". E conclude con un appello: "Propongo un patto legislatura per dare risposte reali al Paese. E' la strada più difficile e meno battuta. Vi chiedo tutti insieme di uscire dalla palude".
Cuperlo: "Meglio non votare". Dalla minoranza del Pd arriva un sostanziale via libera alla linea del segretario. Ma con qualche precisazione. Gianni Cuperlo nel suo intervento fa una richiesta: "Assumendo la linea indicata dal segretario, e che il presidente del Consiglio ha il compito di valutare, chiedo che la direzione non venga chiamata a esprimersi con un voto. Anche per evitare un precedente che non appartiene alle democrazie parlamentari". L'ex presidente dem ricorda che lui stesso la settimana scorsa aveva chiesto un chiarimento sul rapporto tra Pd e governo. E aggiunge: "Dalla palude spero che si esca non con una lacerazione ulteriore ma con unità del partito".
Ma l'appello di Cuperlo, rincarato poco dopo anche da Stefano Fassina, cade nel vuoto e Sandra Zampa, vicepresidente alla direzione del Pd, annuncia che il "voto è previsto al termine del nostro dibattito", pregando i colleghi di non lasciare la sala prima che si concluda la votazione. Tant'è che Cuperlo, più tardi, annuncia a margine della riunione che lui e i suoi voteranno a favore del documento del segretario.
Senatori e deputati con Renzi. Sia il capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, che quello dei deputati, Roberto Speranza, approvano la strada proposta dal segretario. Per Zanda "l'accelerazione imposta da Matteo è necessaria: serve un governo che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura e che abbia un profilo politico che gli consenta di affrontare le nostre grandi emergenze". Anche Speranza si dice d'accordo a correre il rischio prospettato da Renzi, anche se occorre "un'ulteriore riflessione sul programma e sul merito". E aggiunge: "La grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia".
Civati dice no. Il terzo classificato alle primarie, Pippo Civati, è l'unico a manifestare apertamente la sua contrarietà alla linea del segretario: "Personalmente sono molto a disagio. Una cosa che non accetto è che si parli di scelta obbligata: è una scelta politica fino in fondo quella di sfiduciare Enrico Letta". E aggiunge: "Non capisco perchè sostituendo il premier con la stessa maggioranza le cose dovrebbero cambiare. E poi, come diceva il grande poeta, 'il modo ancor m'offende'. Potevamo farla in modo diverso. E' invece è successa una via di mezzo tra la prima Repubblica e shining". Quindi conclude: "Io mi dichiaro contrario a questa scelta".
Il voto. Poco prima del voto, tutti gli esponenti lettiani in direzione Pd abbandonano la sala per non partecipare alla votazione sul documento di sfiducia al governo Letta. A lasciare la sala, tra gli altri Paola De Micheli, Vito De Filippo, Anna Ascani e Lorenzo Basso. Alla fine, come detto, sono sedici i voti contrari, compreso quello di Civati che, in serata, scrive un amaro post sul suo blog dal titolo "Cordiali saluti".
L'assenza di Letta. Il premier intanto, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd, aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato alla riunione. "Si decida con serenità" aveva detto il capo dell’esecutivo, "preferisco aspettare a Palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese".
Presagi di dimissioni. Ma proprio dall’interno del partito questa mossa è stata subito interpretata come la decisione di lasciare, nonostante la prova di forza di mercoledì. "Se Letta non c’è - ha commentato a Radio 2 Sergio Chiamparino - è probabilmente perché ha già deciso che si dimette". E Civati, intercettato mentre varcava la soglia del Nazareno, ha parlato apertamente di dimissioni che sarebbero potute arrivare "già nel pomeriggio". Intanto un tweet del Financial Times annunciava la cancellazione della visita di Letta nel Regno Unito. Dopo l'intervento di Renzi, Angelino Alfano e i ministri del Nuovo Centrodestra avevano raggiunto il premier a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione. E salutarlo definitivamente, pronti ad accogliere Matteo come nuovo premier. Ma con precisi paletti: "Non sia un governo di centrosinistra".
Letta: "Mi dimetto". Scontate le conseguenze del voto. Enrico Letta, dopo dieci mesi sull'ottovolante delle larghe intese, sfiduciato dal suo stesso partito getta la spugna e annuncia le sue dimissioni in una nota altrettanto scarna: "A seguito delle decisioni assunte oggi alla direzione nazionale del Partito democratico - si legge- ho informato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, della mia volontà di recarmi domani al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio dei ministri".
Il tweet di Renzi. Alle 20.34, mentre Letta saluta, con una punta di amarezza, i suoi collaboratori a Palazzo Chigi con un brindisi per sottolineare il buon lavoro fatto prima di tornare a casa, Renzi commenta la giornata con un tweet:
Il discorso in direzione. Nel suo intervento all'assise democratica Renzi sottolinea l'inadeguatezza, dal suo punto di vista, dell'esecutivo Letta: "In questi ultimi due mesi è parso evidente a tutti, forze politiche, economiche, sociali, che l'attività del governo ha vissuto una fase di difficoltà". Ma chiude all'ipotesi di elezioni anticipate: "Non siamo a un derby di opinioni, ma siamo a un bivio - spiega - da un lato l'occasione chiara di chiudere la legislatura e andare al voto, dall'altro l'occasione di trasformarla in legislatura costituente". E ammette che "le elezioni hanno suggestione e fascino, specialmente per chi di sinistra vorrebbe avere una vittoria piena per cambiare il paese", ma "il passaggio elettorale non vede ancora una legge in grado di garantire la certezza di vittoria di uno o di un altro". Insomma, riassume il segretario, il voto anticipato "non risolverebbe i problemi sul tappeto".
L'altra strada, quella di un nuovo governo, "è una scelta azzardata - sostiene ancora il sindaco - ma può avere senso se hai il coraggio di dire alle realtà europee che l'obiettivo è il 2018 con riforme elettorali, costituzionali ed il tentativo di cambiare le regole a partire da una burocrazia opprimente".
Siamo al bivio. A chi gli chiede di pensarci bene prima di accettare l'idea della staffetta per evitare di bruciarsi, risponde: "Mettersi in gioco adesso ha un elemento di rischio personale. Ma chi fa politica ha il dovere di rischiare in alcuni momenti. Vale anche per me". Ma questo, aggiunge, "non è un rischio personale, è il rischio del Pd" che deve "prendersi la responsabilità di ciò che sta accadendo". Il partito, sottolinea, "potrebbe aspettare e non rischiare ma in 20 anni non si sono fatte le cose. O il Pd ha un protagonismo forte o il cambiamento è solo a parole". Un cambiamento che viene offerto al dibattito istituzionale che, ricorda Renzi richiamando il Capo dello Stato, "sta vivendo l'ennesima pagina triste nel momento in cui il presidente della Repubblica viene accusato in modo strumentale di essere venuto meno ai propri compiti. Vorrei rivolgessimo un pensiero a Giorgio Napolitano e al suo lavoro".
Uscire dalla palude. Il nuovo esecutivo, chiarisce il segretario, è da condividere "con l'attuale coalizione di governo". E sottolinea che "il Pd mai ha fatto mancare l'appoggio all'esecutivo. Ma se la situazione in cui ci troviamo richiede l'energia e la forza di un cambiamento non è un problema caratteriale: sono le regole della politica". E conclude con un appello: "Propongo un patto legislatura per dare risposte reali al Paese. E' la strada più difficile e meno battuta. Vi chiedo tutti insieme di uscire dalla palude".
Cuperlo: "Meglio non votare". Dalla minoranza del Pd arriva un sostanziale via libera alla linea del segretario. Ma con qualche precisazione. Gianni Cuperlo nel suo intervento fa una richiesta: "Assumendo la linea indicata dal segretario, e che il presidente del Consiglio ha il compito di valutare, chiedo che la direzione non venga chiamata a esprimersi con un voto. Anche per evitare un precedente che non appartiene alle democrazie parlamentari". L'ex presidente dem ricorda che lui stesso la settimana scorsa aveva chiesto un chiarimento sul rapporto tra Pd e governo. E aggiunge: "Dalla palude spero che si esca non con una lacerazione ulteriore ma con unità del partito".
Ma l'appello di Cuperlo, rincarato poco dopo anche da Stefano Fassina, cade nel vuoto e Sandra Zampa, vicepresidente alla direzione del Pd, annuncia che il "voto è previsto al termine del nostro dibattito", pregando i colleghi di non lasciare la sala prima che si concluda la votazione. Tant'è che Cuperlo, più tardi, annuncia a margine della riunione che lui e i suoi voteranno a favore del documento del segretario.
Senatori e deputati con Renzi. Sia il capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, che quello dei deputati, Roberto Speranza, approvano la strada proposta dal segretario. Per Zanda "l'accelerazione imposta da Matteo è necessaria: serve un governo che abbia la possibilità di durare e governare per l'intera legislatura e che abbia un profilo politico che gli consenta di affrontare le nostre grandi emergenze". Anche Speranza si dice d'accordo a correre il rischio prospettato da Renzi, anche se occorre "un'ulteriore riflessione sul programma e sul merito". E aggiunge: "La grande famiglia del Pd mette sulle sue spalle senza infingimenti la grande sfida delle riforme e del cambiamento del Paese. Questo partito è l'unico che può veramente provare a cambiare l'Italia".
Civati dice no. Il terzo classificato alle primarie, Pippo Civati, è l'unico a manifestare apertamente la sua contrarietà alla linea del segretario: "Personalmente sono molto a disagio. Una cosa che non accetto è che si parli di scelta obbligata: è una scelta politica fino in fondo quella di sfiduciare Enrico Letta". E aggiunge: "Non capisco perchè sostituendo il premier con la stessa maggioranza le cose dovrebbero cambiare. E poi, come diceva il grande poeta, 'il modo ancor m'offende'. Potevamo farla in modo diverso. E' invece è successa una via di mezzo tra la prima Repubblica e shining". Quindi conclude: "Io mi dichiaro contrario a questa scelta".
Il voto. Poco prima del voto, tutti gli esponenti lettiani in direzione Pd abbandonano la sala per non partecipare alla votazione sul documento di sfiducia al governo Letta. A lasciare la sala, tra gli altri Paola De Micheli, Vito De Filippo, Anna Ascani e Lorenzo Basso. Alla fine, come detto, sono sedici i voti contrari, compreso quello di Civati che, in serata, scrive un amaro post sul suo blog dal titolo "Cordiali saluti".
L'assenza di Letta. Il premier intanto, a meno di un’ora dall’inizio della Direzione nazionale del Pd, aveva fatto sapere che non avrebbe partecipato alla riunione. "Si decida con serenità" aveva detto il capo dell’esecutivo, "preferisco aspettare a Palazzo Chigi le determinazioni che verranno prese".
Presagi di dimissioni. Ma proprio dall’interno del partito questa mossa è stata subito interpretata come la decisione di lasciare, nonostante la prova di forza di mercoledì. "Se Letta non c’è - ha commentato a Radio 2 Sergio Chiamparino - è probabilmente perché ha già deciso che si dimette". E Civati, intercettato mentre varcava la soglia del Nazareno, ha parlato apertamente di dimissioni che sarebbero potute arrivare "già nel pomeriggio". Intanto un tweet del Financial Times annunciava la cancellazione della visita di Letta nel Regno Unito. Dopo l'intervento di Renzi, Angelino Alfano e i ministri del Nuovo Centrodestra avevano raggiunto il premier a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione. E salutarlo definitivamente, pronti ad accogliere Matteo come nuovo premier. Ma con precisi paletti: "Non sia un governo di centrosinistra".
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