jeudi 27 décembre 2012

La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Bankia sale del Ibex 35

El Comité Asesor Técnico del selectivo señala que excluye a la entidad del índice como consecuencia del proceso de recapitalización acordada por el FROB


  
El Comité Asesor Técnico del Ibex ha anunciado que Bankia quedará excluido del selectivo español Ibex 35 a partir del 2 de enero. En un comunicado han explicado que toma la decisión "atendiendo a las circunstancias especiales que concurren en el valor, como consecuencia de la recapitalización acordada por el FROB mediante la emisión por parte de Bankia de bonos convertibles contingentes con exclusión del derecho de suscripción preferente por importe de 10.700 millones de euros, que serán suscritos por Banco Financiero y de Ahorros (BFA)".
La decisión de sacar a Bankia del Ibex 35 entrará en vigor el día 2 de enero "por lo que éste, quedará temporalmente compuesto por 34 valores. El ajuste del citado índice, se realizará al cierre de la sesión del día 31 de diciembre", señaló el comunicado oficial. "Una vez que se conviertan en acciones ordinarias los bonos convertibles contingentes suscritos, y haya sido publicado de forma oficial, el Comité tomará las decisiones que estime oportunas al respecto, lo que será comunicado con la suficiente antelación".
El selectivo español quedará temporalmente compuesto por 34 valores
El Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB) publicó ayer los resultados de los exámenes independientes a los que ha sometido a la entidad, para conocer su situación actual antes de recibir la inyección del rescate bancario. El agujero contable del grupo Bankia asciende a 10.444 millones. Su recapitalización, se realizará mediante la emisión de los llamados cocos (obligaciones contingentes convertibles) por valor de 10.700 millones, que serán suscritos en su totalidad por la matriz BFA, y este es precisamente el motivo por el cual, según señala el Comité Asesor Técnico del Ibex, queda fuera del selectivo. Para que la matriz lleva a cabo la suscripción, será recapitalizada a su vez con 13.459 millones de euros, a través de títulos del Mecanismo Europeo de Estabilidad (MEDE), que serán suscritos y desembolsados por el FROB. Esta ampliación se añade además a la de 4.500 millones de euros del 3 de septiembre (que fue en realidad un adelanto de dinero).
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Debiti, il male del millennio la “ripresina” del 2013 appesa a tassi e spread

SI SPERA IN UN GRADUALE RILANCIO DELL’ECONOMIA MA RESTANO MOLTI I FATTORI DI RISCHIO: DALLA PERDURANTE CRISI NELLA ZONA EURO AL MODO IN CUI L’AMERICA USCIRÀ DALLA TRAPPOLA DEL FISCAL CLIFF

P urgatorio. Dopo l’inferno del 2012 l’anno che arriva sarà di passaggio, meno drammatico di quello da cui stiamo uscendo ma non ancora benedetto dal ritorno della fiducia. La crescita globale riprenderà ad aumentare senza il contributo dei paesi ricchi ma con un pizzico di vitalità in più da quelli emergenti. Il nord del mondo galleggia su un mare di liquidità e debiti in attesa di raggiungere un approdo che i più ottimisti intravedono nella seconda metà dell’anno e i più pessimisti nel 2014.

L’INCHIESTA I MERCATI FINANZIARI E L’ANNO CHE VERRA’ GLI ESPERTI SONO UNANIMI: IL VECCHIO CONTINENTE RESTA LA ZONA DI DEBOLEZZA. E ALL’INTERNO DI ESSA, L’ITALIA È IN UN EQUILIBRIO ASSAI PRECARIO, RESO ANCORA PIÙ INCERTO DALLE ULTIME VICENDE POLITICHE

Marco Panara segue dalla prima S e non si emerge e non si affonda lo si deve al fiume di miliardi che le banche centrali hanno immesso nel sistema ed alla promessa che quel fiume continuerà a fluire ancora a lungo. La liquidità disponibile serve a rassicurare i mercati finanziari e ad evitare che la contrazione del credito sia ancora più vistosa. Quando ci sono tanti soldi in giro (almeno nel mondo della finanza) il debito fa meno paura. Il problema è che tutto ciò non arriva ancora all’economia reale, ai consumi e agli investimenti, che sono quelli che creano il lavoro di cui c’è disperatamente bisogno. Questa crisi infinita ci ha fatto perdere “l’innocenza”
e con essa la fiducia. Ne abbiamo passate tante nei decenni precedenti, ma era dal 1929 che un crollo del genere non colpiva i ricchi del pianeta, e da allora erano trascorsi troppi anni perché ancora segnasse i nostri atteggiamenti e le nostre emozioni. Il sentimento che prevale è quindi il timore, l’incertezza sul futuro, il che rende fragile la fase di tregua nella quale forse stiamo entrando. La liquidità assicura il galleggiamento ma, nel clima generale, basta poco perché si finisca di nuovo sott’acqua. Il problema dei problemi resta, irrisolto, quello che ci ha gettato dentro la crisi: il debito. Continua ad essere altissimo, si attenua leggermente negli Stati Uniti, cresce ancora in Europa e in Giappone. La riduzione di questo debito immenso condizionerà il 2013 e molti anni a venire. A fronte c’è la liquidità immessa nel sistema dalle banche centrali e quella che hanno accumulato le imprese, che soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Europa e in Giappone hanno le casse gonfie come non mai. Una situazione che presenta due patologie: la prima è che non è il risparmio delle famiglie a bilanciare il debito, poiché quel risparmio non cresce e in molte zone si sta erodendo; la seconda è che se le imprese sono così ricche è perché non investono, e non investono perché non vedono ancora una ripresa della domanda dei loro prodotti. Da questo punto di vista il 2013 potrebbe essere l’anno della svolta. Le scorte sono bassissime e la domanda dei Paesi emergenti dovrebbe riprendere vigore, ci sono vaghi segnali che un ciclo di investimenti possa riprendere nei primi mesi dell’anno. Se così sarà le previsioni dei più ottimisti di vedere una ripresina già nel 2013 potrebbero avverarsi. Il contesto globale in cui tutto ciò dovrebbe avvenire è pieno di novità. In gennaio si insedia il nuovo governo americano dopo le elezioni di novembre e benché il presidente sia lo stesso degli ultimi quattro anni, non è detto che siano uguali le politiche. In queste settimane si sta cercando un accordo per affrontare il cosiddetto fiscal cliff, ovvero per avviare il rientro dal deficit e dal debito pubblico di Washington. Da quell’accordo dipenderà la vitalità della crescita americana e, indirettamente, di quella mondiale. Anche in Cina si è appena insediato il nuovo vertice e si apre quindi un nuovo ciclo, mentre oggi si conoscerà l’esito delle elezioni giapponesi. Le prime tre economie mondiali sono quindi nel pieno di una fase di passaggio e il 2013 sarà segnato dalle scelte che saranno fatte a Washington, Pechino e Tokyo. Quello che si deciderà a Washington, in particolare, toccherà oltre che la crescita con l’esito delle trattative sul fiscal cliff, anche la finanza. Obama questa volta è stato eletto avendo le banche di Wall Street schierate contro, quindi potrebbe avere le mani più libere per portare avanti la regolamentazione della finanza. Temi come la separazione tra banca commerciale e banca d’affari tornano sul tavolo, e influenzeranno l’intero quadro regolatorio, a partire da Basilea III. In Europa la politica quest’anno ci regala le elezioni italiane e quelle tedesche. Nelle prime il solo vero rischio, piccolo secondo i pronostici ma enorme nelle sue potenziali conseguenze, sarebbe una vittoria delle forze populiste e antieuropee. In quel caso l’euro tornerebbe immediatamente a rischio, visto il peso dell’Italia nell’eurozona, e il ritorno nell’inferno sarebbe assicurato. Se dalle urne, come ci si attende, uscirà invece un responso diverso, il processo di rafforzamento dell’euro e dell’Europa potrebbe continuare. Le elezioni tedesche di settembre non promettono di essere altrettanto potenzialmente dirompenti poiché le forze in grado di conquistare la maggioranza sono ambedue europeiste, ma la loro attesa sarà il leit motiv delle scelte dei primi nove mesi del 2013. La Merkel sarà prudente nel far fare passi avanti all’Europa, ma altrettanto prudente nell’evitare che si creino crisi o fratture vistose. Il purgatorio, per Eurolandia, potrebbe essere assicurato. Il maggiore fattore di rischio per l’economia globale, nel 2013, non dovrebbe venire quindi dall’Europa, che non contribuirà alla crescita (che anzi sarà negativa di qualche decimo di punto) ma non dovrebbe fare danni. Più delicata la situazione del Giappone, il cui debito pubblico è ormai oltre il 220 per cento del Pil ed ha superato proprio in questi mesi il risparmio privato, che fino ad ora ne ha assicurato l’assorbimento. E delicatissima resta quella del Medio Oriente, con la Siria in fiamme, l’Egitto in cerca della sua nuova identità e l’Iran fermissimo nel suo ruolo di forza destabilizzate di tutta l’area. Tra i settori invece al centro di tutto restano le banche, che si sono rafforzate patrimonialmente negli ultimi anni, ma sono alle prese in Europa soprattutto con sofferenze crescenti ed una redditività bassissima. Il 2013 è l’anno in cui dovranno cominciare a cambiare radicalmente il modello di business, l’organizzazione, la distribuzione. Non sarà una operazione indolore, né per i clienti né, soprattutto, per i dipendenti che a decine di migliaia rischieranno il loro posto di lavoro.
(17 dicembre 2012)
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Bankia se desploma en Bolsa tras señalar el FROB su enorme pérdida de valor

Las acciones caen el 19,5% en la sesión de este jueves

Los títulos, que cuando salieron a Bolsa en 2011 valían 3,7 euros, cotizan cerca de los 55 céntimos

Banco de Valencia también pierde hoy más de un 21% en el parqué


Paneles informativos en la Bolsa de Madrid / EFE


Las acciones de Bankia y de Banco de Valencia se han desplomado. Poco después de la apertura del mercado ambas caían ya por encima del 10% y han terminado la jornada con una bajada del 19,5% bankia (hasta los 0,55 euros) y del 21% Banco de Valencia (hasta 0,08 euros. Es la resaca del anuncio que ayer realizó el Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB), que señaló que tras realizar tres informes independientes, se ha cifrado en valor de Bankia y su matriz BFA en 10.444 millones negativos y el de Banco de Valencia de 6.341 millones de euros negativos.
Lejos queda el valor de las acciones de Bankia en su salida a Bolsa. En julio de 2011 el precio de los títulos de Bankia era de 3,75 euros. El valor estipulado entonces para la empresa también era bien distinto: cuando la entidad anunció que preparaba su salida a Bolsa señaló que tenía un valor contable de 10.240 millones de euros. Banco de Valencia ha perdido la barrera del céntimo y ha terminado el día en 0,08 euros, su valor más bajo en más de 20 años.
Las cuatro entidades nacionalizadas por sus problemas financieros derivados del ladrillo —BFA-Bankia, Banco de Valencia, CatalunyaBanc y NCG Banco— recibirán en los próximos días 36.968 millones de euros de dinero público. El dinero será inyectado una vez que las entidades realicen las operaciones de recapitalización —reducción y posterior ampliación de capital— para rebajar sus necesidades de capital. Así, por ejemplo, la recapitalización de Bankia se realizará mediante la emisión de CoCos (obligaciones contingentes convertibles) por 10.700 millones que serán suscritos por la matriz BFA y que se convertirá en capital tras la operación de reducción de capital que previamente realizará la entidad para sanear sus recursos propios. Estas mismas entidades nacionalizadas, también dentro de su plan de saneamiento, han firmado además una transferencia hacia el banco malo, la Sareb, de 37.110 millones de euros en activos tóxicos.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Market Overview
 
FTSE MIB16.408,28+0,46%
FTSE 1005.954,300,00%
DAX 307.655,88+0,26%
CAC 403.674,26+0,59%
Swiss Market6.862,55-0,39%
S&P 5001.408,68-0,79%
NASDAQ2.967,60-0,75%
Hang Seng22.619,78+0,35%

mercredi 26 décembre 2012

La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

À l'occasion d'une conférence de presse à Washington, le FMI a estimé que le gouvernement francais devait rediscuter de l'objectif des 3% de déficit public avec Bruxelles. Une aubaine pour Paris.

Le FMI serait-il en passe d'ôter une belle épine du pied à la France en matière de finances publiques? Lors d'une conférence de presse organisée ce mercredi, le chef de mission de l'organisation, Edward Gardner, a estimé que le gouvernement Ayrault devrait discuter avec ses partenaires européens d'une réduction moins rapide de ses déficits publics. Sous-entendu: Paris pourrait alors être dispensé de ramener son déficit à 3 % du PIB dès 2013. Et ce bien que les différents gouvernements français se soit engagés de longue date à Bruxelles sur cet objectif.
Pour le FMI, en l'état actuel des choses, avec une croissance deux fois moindre que prévu par Bercy, la France file les 3,5 % de déficit en 2013. Sauf à mettre en place un plan de rigueur supplémentaire. Or cette solution a de moins en moins d'adeptes au FMI, où on s'inquiète des effets récessifs des politiques d'austérité menées en Europe. «Notre conseil, c'est que la France discute dans un contexte européen plus large de la politique appropriée pour 2013» a donc insisté Edward Gardner mercredi.
Les propos de Christine Lagarde, la directrice générale du FMI, à l'hebdomadaire allemand Die Zeit viennent, par effet miroir, confirmer cette orientation. «L'Allemagne et d'autres peuvent se permettre d'aller un peu plus lentement que d'autres dans l'assainissement de leurs finances publiques» a-t-elle déclarée.
Cette petite musique commence également à se faire entendre à Bruxelles. Dans un entretien accordé au Mondele 21 décembre, Olli Rehn, le commissaire européen aux Affaires économiques et monétaires a estimé que la politique de la France était crédible à moyen terme, ce qui lui permettrait de choisir un ajustement plus «doux». Une aubaine pour le gouvernement Ayrault qui ne peut se permettre, de décider, seul, de s'abstraire des 3 %.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

España
MERCADO CONTINUO














IBEX 35 8.299,50 +8,50 +0,10 8.291,00 24/12/12
I.G.B. MADRID 835,85 +0,62 +0,07 835,23 24/12/12
FTSE LATIBEX 2.649,50 -0,20 -0,01 2.649,70 24/12/12
IBEX Medium Cap 9.133,10 -72,70 -0,79 9.205,80 24/12/12
IBEX Small CAP 3.493,00 +64,70 +1,89 3.428,30 24/12/12
Europa
DAX XETRA 7.636,23 -35,87 -0,47 7.672,10 21/12/12
CAC 40 3.652,61 -8,79 -0,24 3.661,40 24/12/12
AEX 344,52 +0,40 +0,12 344,12 24/12/12
EUROSTOXX 50 2.648,53 -2,56 -0,10 2.651,09 24/12/12
EURONEXT 100 683,12 -1,22 -0,18 684,34 24/12/12
EUROTOP 100 2.332,33 -2,70 -0,12 2.335,03 24/12/12
EUROTOP 300 1.137,73 -1,44 -0,13 1.139,17 24/12/12
FTSE 5.954,18 +14,19 +0,24 5.939,99 24/12/12
BEL20 2.477,22 -7,84 -0,32 2.485,06 24/12/12
PSI 20 5.710,56 +17,34 +0,31 5.693,22 24/12/12
Micex 1.477,51 -1,10 -0,07 1.478,61 20:32
WIG20 2.583,06 -10,67 -0,41 2.593,73 21/12/12
Bucarest Composite 2.718,40 +39,34 +1,47 2.679,06 21/12/12
EEUU
DOW JONES 13.115,91 -23,17 -0,18 13.139,08 20:20
NASDAQ 100 2.654,01 -20,55 -0,77 2.674,57 13/12/12
S&P 500 1.421,16 -5,50 -0,39 1.426,66 20:20
Asia
NIKKEI 225 10.230,36 +150,24 +1,49 10.080,12 07:28
HANG SENG 25.513,71 -19,77 -0,08 25.533,48 11/04/11
Latinoamérica
BOVESPA 65.000,94 +392,16 +0,61 64.608,78 11/04/11
IGPA 21.021,63 +18,23 +0,09 21.003,40 20:35
IGBC 14.538,53 -52,73 -0,36 14.591,26 19:40
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

El FROB otorga a BFA-Bankia un valor negativo de 10.444 millones

El valor patrimonial negativo de Bankia asciende a 4.148 millones de euros


El FROB ha determinado que Bankia tiene un valor negativo de 4.148 millones de euros, una situación que podría poner en peligro la inversión hecha por los 350.000 pequeños accionistas que compraron títulos durante su salida a bolsa. En un comunicado difundido hoy, el Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB) establece que la matriz de Bankia, BFA, cuenta a su vez con un valor patrimonial negativo de 10.444 millones.
Con esta valoración sobre la mesa, el grupo BFA-Bankia se dispone a recibir antes de fin de año la inyección de fondos públicos por importe de casi 18.000 millones, que le permitirá estar recapitalizada antes de fin de año, como establece el compromiso adquirido con Bruselas.
A principios del año próximo, Bankia acometerá una reducción de capital con la finalidad de restablecer el equilibrio entre el capital y el patrimonio neto. Esta reducción afectará al valor de la acción, que actualmente está en 0,68 euros, y por tanto a la inversión que realizaron los cerca de 350.000 accionistas que acudieron a la salida a bolsa, y que pagaron 3,75 euros por título.

lundi 24 décembre 2012

La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Fiscal Cliff, Obama pronto all'accordo

Il presidente Usa incontra i capi di Camera e Senato. "In dieci giorni possiamo trovare un compromesso. Evitare che aumentino le tasse per il 98 per cento degli americani è un dovere di tutti

WASHINGTON - "Sono pronto e voglio un accordo" per evitare il fiscal cliff. Lo afferma il presidente americano Barack Obama. "Nelle ultime settimane - ha ggiunto il presidente in partenza per le Haway dove passerà le vacanze natalizie - ho lavorato con i leader di tutti e due i partiti. Durante le trattative, ho offerto un compromesso ai repubblicani in Congresso. Sono andato loro incontro a metà strada sulle tasse e sulla spesa. A oggi sono ancora pronto e voglio un ampio accordo: ritengo che ridurre il deficit sia la cosa giusta da fare per la salute di lungo termine della nostra economia e per la fiducia delle imprese".

"Ma in 10 giorni abbiamo una scadenza - ricorda a tutti il presidente - Fra 10 giorni, in base alla legge attuale, le tasse aumenteranno per la maggior parte degli americani". "E anche se i repubblicani e i democratici si stanno confrontando sull'aumento delle aliquote per i più ricchi - mette in evidenza Obama - tutti siamo d'accordo sul fatto che le tasse non debbano aumentare per il 98% degli americani. Non c'è assolutamente alcuna ragione per non tutelare questi americani da un aumento delle tasse. Almeno accordiamoci ora su quanto siamo tutti d'accordo".

Il capo della Casa Bianca che invita tutti a "non infliggerci ferite", rivela di aver parlato con i capi di Camera e Senato, il repubblicano Bohener e il democratico Reid. "Nei prossimi giorni - dice il presidente - ho chiesto ai leader del Congresso di lavorare a una piano che prevenga un aumento delle tasse per la classe media, mentre si gettano le fondamenta  per un ulteriore lavoro sulla crescita e il deficit. E' un obiettivo raggiungibile in 10 giorni. Evitare un aumento delle tasse per la classe media non è una responsabilità repubblicana o democratica. Con i loro voti gli americani hanno detto che governare vuol dire una responsabilità condivisa fra i due partiti".
(22 dicembre 2012)
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Market Overview
 
FTSE MIB16.333,95-0,40%
FTSE 1005.954,18+0,24%
DAX 307.636,23-0,47%
CAC 403.652,61-0,24%
Swiss Market6.889,54-0,34%
S&P 5001.426,43-0,26%
NASDAQ3.010,14-0,36%
Hang Seng22.541,18+0,16%
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Monti: "Meno tasse con la patrimoniale,
riforma elettorale e taglio fondi ai partiti"

Le promesse del premier: reddito minimo e addio al conflitto d'interessi. Nell'agenda anche la detassazione per le donne e gli incentivi per i figli; il credito strutturale d'imposta per la ricerca e premi agli insegnanti

di VALENTINA CONTE ROMA - "Ridurre le tasse diventa possibile". E per farlo il carico deve essere trasferito "sui grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio". A sorpresa l'Agenda Monti, 25 cartelle fitte, apre a una patrimoniale che consenta a lavoro e impresa di respirare sul fronte delle tasse. A patto di "non causare fughe di capitali " e di attivare "meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi". Non solo. Rispetto alle linee, alquanto stringate, illustrate dal professore ieri in conferenza stampa, l'Agenda presenta altre novità che faranno discutere. Intanto pone come primo compito del nuovo Parlamento quello di cambiare la legge elettorale. Propone "una drastica riduzione" dei contributi pubblici e dei rimborsi elettorali a partiti e gruppi parlamentari. Oltre al divieto di cumulo per gli onorevoli tra indennità e altre retribuzioni. Infine lancia il "reddito di sostentamento minimo ", che consenta di "generalizzare la Social Card", e "la detassazione selettiva del reddito femminile".

Lavorare più e meglio. Il mercato del lavoro innanzitutto, da "modernizzare", con una "drastica semplificazione normativa", un "corpus di regole più snello che non sia una barriera per chi vuole investire in Italia ", ripete Monti. Poi, superare il dualismo tra lavoratori protetti e non, ridurre a un anno al massimo il tempo medio del passaggio tra un posto e l'altro, coniugare il massimo di flessibilità delle imprese con il massimo di sicurezza dei lavoratori. E soprattutto spostare il baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, defiscalizzando "una parte maggiore delle retribuzioni collegata alla produttività ". Monti poi attacca la Cgil che "trova difficile evolvere, a danno dei lavoratori ", criticandone i freni alla riforma Fornero e il rifiuto di firmare l'accordo sulla produttività. Nell'Agenda spuntano poi misure per "l'invecchiamento attivo" (favorire le assunzioni di over 55 disoccupati), un "piano per l'occupazione giovanile" (detassazione e incentivi alla formazione), borse di studio "per giovani che meritano", ampliamento dei congedi di paternità.

Giustizia, equità, politica. Nel suo nuovo cantiere politico Monti inserisce quanto non fatto sinora in tema di giustizia e liberalizzazioni "a causa di blocchi e resistenze fortissime ". Intanto, leggi "ad nationem, non ad personam". Poi falso in bilancio, voto di scambio, prescrizione, intercettazioni e anche "una più robusta disciplina sulla prevenzione del conflitto di interessi". Ancora, legge elettorale, riduzione dei parlamentari, regolazione delle attività delle lobby, massima trasparenza dei bilanci dei gruppi parlamentari e perfetta tracciabilità dei finanziamenti privati. "Meno casta, meno costi", sintetizza l'Agenda. Infine, più concorrenza, "lotta alle rendite", sistema fiscale. Dure parole riservate da Monti alla riforma forense, approvata in extremis dal Parlamento: "Non aiuta i giovani avvocati, non disciplina l'accesso alla professione, aumenta solo i poteri degli organi di rappresentanza". Monti pensa di potenziare l'Antitrust per rilanciare le liberalizzazioni.

Fisco, scuola, donne e figli.
La lotta all'evasione proseguirà (13 miliardi, il gettito 2012), la riforma delle pensioni sarà difesa, mentre si pensa a un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. "Se si toglie l'Imu, chi governerà l'anno dopo dovrà rimetterla doppia", avverte però Monti. Su scuola, università e ricerca sembrano filtrare promesse di investimenti, scarsi sin qui, sopperiti anzi da tagli. Premi e incentivi sono previsti per insegnanti e dirigenti che ottengono "i migliori risultati ". "Ci vuole un salto di qualità nel modo in cui vediamo la donna", ha detto poi Monti ieri a sorpresa. Avvertendo, per ben due volte, che è necessario "evitare il deficit di nascite" perché "un Paese che non fa figli non guarda al futuro, l'Italia così si autodistrugge". Nell'Agenda si legge che se il 60% delle donne italiane fosse occupato il Pil aumenterebbe di sette punti. Di qui l'idea di sostenere il lavoro femminile.

Industria, green economy, P.A.
Un capitolo importante del Piano Monti è per l'industria italiana da "rivitalizzare ", alzando gli investimenti in ricerca e innovazione, rendendo "strutturale" il credito di imposta, creando un nuovo "fondo per ristrutturazioni industriali". Mentre l'economia verde prevede "l'abbattimento degli smaltimenti", privilegiando riciclo e riutilizzo, "un grande piano di gestione integrato delle acque" e un "forte sostegno " all'agricoltura (export, accesso al credito, protezione dalle crisi). Nei primi 100 giorni il Manifesto si ripromette di eliminare o ridurre 100 procedure della Pubblica amministrazione. Mentre per la tutela del patrimonio artistico e culturale, non si escludono "intese con le fondazioni non bancarie " e anche "partnership pubblicoprivate".
(24 dicembre 2012)
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Las exportaciones de vino caen en picado

Los caldos de mayor calidad aguantan las ventas

La escasez de la cosecha de uva y la merma de existencias eleva el coste

Las ventas al exterior de vinos embotellados de calidad mantuvieron precios

Samuel Sánchez

Las exportaciones de vino cayeron una media del 32,5% durante el pasado mes de agosto y del 23% en septiembre según los datos manejados por el Observatorio Español de los Mercados de Vino. El mayor descenso ha correspondido a los vinos a granel que bajaron hasta un 50%. Esta caída es consecuencia de una subida de los precios por la caída de existencias y una campaña corta de solo 33 millones de hectólitros frente a una media de 40 millones.
El vino ha sido uno de los productos estrella en el conjunto de las exportaciones en los últimos años
El vino ha sido uno de los productos estrella en el conjunto de las exportaciones en los últimos años al pasar de 15,6 hectólitros en 2009 a 22,3 millones hasta 2012. Este fuerte crecimiento de las ventas en el exterior fue posible fundamentalmente por el volumen de las exportaciones de graneles baratos a una media de 0,32 euros litro que supusieron más de la mitad de todas las ventas.
Por el contrario, las ventas al exterior de vinos embotellados de calidad mantuvieron precios constantes y crecieron en volumen.

Oportunidad para cambiar de modelo

Esta campaña, los graneles comenzaron con un precio de 0,40 euros litro, para seguir una línea de subida que se espera pueda superar los 0,50 euros. Con estas cotizaciones, el sector mantiene interrogantes sobre el futuro de las exportaciones. Para el director del Observarorio Español del Mercado del Vino, Rafael del Rey, este cambio en los mercados podía ser una ocasión del sector para apostar por introducir modificaciones en otra política de exportación basada en precios más elevados para los graneles.
En el sector agrario, esta situación de los mercados se ha traducido en la última campaña en una subida de los precios de la uva en las zonas más productoras de graneles como Castilla-La Mancha de 0,12 euros por kilogramo en 2011 a los 0,30 euros de este año. Ante estos precios, algunos viticultores que estaban a punto de abandonar han encontrado argumentos para seguir en la actividad.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Monti se ofrece a gobernar Italia si se adopta su agenda de reformas

"Estoy dispuesto, si se me pide, a asumir la responsabilidad", dice el ex primer ministro, que presentará un programa para salir de la crisis

OVERON/ELPAIS

La jugada, desde el punto de vista político, es de una sutileza y una complejidad solo posibles en Italia. Unas horas después de presentar su dimisión irrevocable como jefe del Gobierno técnico, Mario Monti comparece ante la prensa para despejar, por fin, la incógnita que corroe desde hace meses la vida política italiana: ¿se presentará el profesor a las próximas elecciones generales? Después de dos horas de plática —sin papeles de por medio y sometiéndose a un sinfín de preguntas—, Monti logra evitar el sí y el no. Dice que tiene un programa de gobierno para Italia, que estaría encantado con que una o más fuerzas políticas lo suscribieran con el objetivo creíble de llevarlo adelante, pero que él no será candidato —porque su condición de senador vitalicio se lo impide—, aunque si después del voto las fuerzas políticas tienen a bien pedirle que sea de nuevo jefe de Gobierno, estará dispuesto. Todo esto, en román paladino, se podría traducir en que Monti desea volver a ser primer ministro sin pasar por las urnas, tener la opción de ganar sin el riesgo de perder. Pero el lenguaje de la política italiana está lleno de matices.
Eso sí, Monti se quitó por fin y para siempre el disfraz de técnico y ofreció su primer mitin político. Lo hizo con la televisión en directo, delante de sus ministros ya en funciones, incluyendo en su discurso —calmado, elegante, irónico a veces— todo lo que se puede esperar de un líder en plena campaña electoral. Alardeó de sus logros: “Hace un año, Italia estaba al borde del abismo. Aquella emergencia ha sido superada. Los italianos pueden volver a ir por Europa con la cabeza alta”. Expuso la idea fuerza de un programa que unas horas después colgó en Internet (documento íntegro en versión pdf) a través de su nueva cuenta de Twitter: “Cambiar Italia y reformar Europa”. Y dedicó una estocada a su principal adversario: “Me cuesta seguir los procesos mentales de Silvio Berlusconi. Un día dice que mi Gobierno ha sido un desastre completo, que no ha hecho nada, y al día siguiente me ofrece ser el líder de los moderados. No puedo aceptar tan generoso ofrecimiento de alguien a quien no logro entender”.
La diferencia, sustancial, entre un proceso electoral normal y corriente y este que se abre ahora en Italia es que Monti es un candidato sin partido. Si, por ejemplo, el centroizquierda italiano convocó recientemente unas primarias y eligió a Pier Luigi Bersani como su candidato a las elecciones generales del 24 y 25 de febrero próximos, Monti pretende hacer justamente lo contrario. Lanzará un programa y ofrecerá a los partidos que se adhieran a él. “Yo no me alineo con nadie, pero mi programa será claro. Estoy dispuesto a ofrecer mi apoyo, asesoramiento y guía a la fuerza o fuerzas políticas que apoyen mi agenda. No seré candidato porque soy senador vitalicio, pero si algunas fuerzas políticas manifiestan el propósito de presentarme como presidente del Ejecutivo, lo evaluaré y podría decir que sí…”. El casting se declara inaugurado. Los partidos de centro que aspiren a concurrir a las elecciones bajo la franquicia Monti tienen que ir presentando ya sus credenciales.
"Hace un año, Italia estaba al borde del abismo. Aquella emergencia ha sido superada"
La puesta en escena de Monti es digna de estudio. El profesor ha confiado a alguno de sus íntimos que, la de bajar o no a la arena política es la decisión más difícil de su vida. A nadie se le escapa en Italia que la ambición del profesor es seguir al frente del Ejecutivo, pero que si decidía buscarlo al modo tradicional, presentando su candidatura al frente de algún grupo político, podría estar cometiendo varias traiciones. La primera, hacia su principal valedor, el presidente de la República, Giorgio Napolitano, que lo eligió para sustituir a Silvio Berlusconi por su independencia a prueba de tentadores cantos de sirena. La segunda, hacia su propia palabra dada —durante meses, juró que su mandato expiraría con las elecciones—. Y la tercera, aunque más llevadera, a Pier Luigi Bersani, el candidato de centroizquierda y virtual ganador de las próximas elecciones, quien durante 13 meses apoyó lealmente las reformas del Gobierno técnico aunque algunas de ellas fueran contrarias a su ideario político y criticadas por sus bases. Por tanto, ¿de qué manera podía Monti convertirse en candidato sin contraer el estigma del traidor? La respuesta fue puesta ayer en escena: dejando que sean otros los que, por el bien del país, lo conduzcan de regreso al palacio Chigi.
El quid de la cuestión es que, en democracia, la voluntad de los ciudadanos siempre está por encima de la ingeniería política. Y, según las encuestas, el centro político solo conseguiría un 15% de los votos aun contando con el rostro de Mario Monti en su cartel electoral. De ahí que el profesor se reserve aún la posibilidad de decidir en función de los resultados, sin implicarse demasiado en la campaña electoral. La opción de ganar sin el riesgo de perder.

Objetivo: cambiar Italia

Monti quiere cambiar Italia. Su relación con Europa, pero también con las mujeres. “Es humillante cómo el hombre italiano se dirige a veces a la mujer”, dijo en una conferencia de prensa en la que añadió que, durante sus 13 meses de Gobierno técnico, se topó con la feroz resistencia de grupos poderosos —desde abogados a políticos pasando por sindicatos— a reducir sus privilegios en beneficio de la modernización del país. También advirtió a los partidos políticos que entran ahora en campaña electoral de que “no traten a los italianos como si fueran estúpidos”, ofreciéndoles promesas bellísimas que luego no podrán cumplir. “Si alguno”, advirtió, “decide eliminar el IMU [impuesto inmobiliario], el que llegue a gobernar un año después tendrá que subirlo al doble…”.
La referencia estaba clara. Ha sido Berlusconi, en su torrente de declaraciones, quien ha prometido dejar sin efecto un impuesto que resucitó el Gobierno técnico ante la quiebra de las cuentas públicas. El anterior primer ministro apenas esperó unos minutos antes de comentar la comparecencia del profesor: “He tenido una pesadilla esta noche, ¡todavía estaba Monti de presidente del Gobierno!”.
Pero, al margen de la broma, lo que queda claro es que, para desesperación del centroizquierda, la campaña electoral va a pivotar sobre dos ejes fundamentales. Por un lado, la propuesta de Monti y su implicación mayor o menor en la campaña de los centristas. Y, por otro, en la capacidad de Berlusconi para resucitar a su moribundo partido y obtener unos buenos resultados.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

BBVA vende su unidad de pensiones en Colombia por 400 millones de euros

La entidad espera obtener de esta operación plusvalías netas de aproximadamente 265 millones

Esta operación se enmarca en la estrategia del banco de centrarse en su negocio fundamental

El consejero delegado del BBVA, Ángel Cano, y el presidente, Francisco González / Santos Cirilo

BBVA ha vendido su unidad de pensiones obligatorias en Colombia a la compañía  Sociedad Administradora de Fondos de Pensiones y Cesantías Porvenir por 530 millones de dólares (unos 400 millones de euros). La entidad espera obtener de esta operación plusvalías netas de aproximadamente 265 millones de euros, según comunicó a la Comisión Nacional del Mercado de Valores (CNMV).
La operación, que se cerrará en el primer semestre de 2013, supone la venta por parte de BBVA de la totalidad de la participación que, directa o indirectamente, BBVA mantiene en la compañía colombiana BBVA Horizonte Sociedad Administradora de Fondos de Pensiones y Cesantías. La entidad bancaria indica que el precio de venta, 530 millones de dólares (400 millones de euros), se ajustará en función del resultado neto de la compañía generado desde el 1 de enero de 2013 hasta la fecha de cierre. Este precio representa un ratio sobre el beneficio esperado de 2013 de 13,6 veces.
La venta se enmarca en la revisión estratégica que está realizando BBVA en todas sus unidades de pensiones obligatorias de Latinoamérica que inició el pasado mes de mayo. El banco se está desprendiendo de actividades que considera que no son su negocio básico. En esta misma línea el pasado 27 de noviembre la entidad presidida por Francisco González vendió al Grupo Financiero Banorte su gestora de fondos de pensiones mexicanas Bancomer por 1.730 millones de dólares (1.337 millones de euros), con la que esperaba obtener una plusvalía de 800 millones de euros.

vendredi 21 décembre 2012

La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Monti presenta su dimisión y sopesa su entrada en la política italiana

“Mi Gobierno ha terminado y no por culpa de los mayas”, dice el hasta ahora primer ministro


Mario Monti lleva un año diciendo que no. ¿Dirá el domingo que sí? La práctica totalidad de la prensa italiana da por seguro desde hace varios días que, aprobados hoy los presupuestos generales y presentada, inmediatamente después, su dimisión ante el jefe del Estado, el primer ministro técnico anunciará el domingo —a las once de la mañana, en la Galería Alberto Sordi de Roma— su descenso a la arena política. Monti cuenta para ello con el respaldo del centro político italiano, de la clase empresarial, del Vaticano, de los líderes europeos y aun de Barack Obama, pero tiene en contra el valor de la palabra dada. A los ciudadanos —a través de decenas de declaraciones periodísticas en las que aseguraba que su mandato expiraría con las elecciones— y a su máximo valedor, Giorgio Napolitano, el octogenario presidente de la República, quien hace 11 meses, en el ocaso de su mandato, se jugó su prestigio urdiendo una compleja operación para sacar a Silvio Berlusconi del poder y colocar en su lugar a un profesor de una probidad y una independencia exquisitas.
Ese es, a día de hoy, Mario Monti. ¿Lo seguirá siendo si el domingo decide bajar al terreno de juego y encabezar o apadrinar una opción partidista determinada en detrimento de otras? La situación, por inédita, es apasionante. Y, por italiana, rica y compleja, enemiga de los titulares a una línea. El primer ministro técnico cumplió ayer el guión que él mismo se había marcado el pasado sábado día 8, unas horas después de que el Pueblo de la Libertad (PDL) retirara la confianza a su Gobierno y Silvio Berlusconi confirmara su candidatura. Monti anunció que, tras la aprobación de los presupuestos, subiría al palacio del Quirinal para formalizar su dimisión y que Napolitano pudiese convocar elecciones, que con toda seguridad se celebrarán el 24 y 25 de febrero. “Mi gobierno está terminado”, ha dicho Monti recurriendo a su ironía, “pero no por culpa de los mayas”.
La culpa es de Berlusconi. Pero no solo. Hoy, durante el debate de los presupuestos, el diputado Walter Veltroni, exalcalde de Roma y candidato derrotado del centroizquierda en 2008, ha dicho en su discurso de despedida que desde 1994 Italia ha estado paralizada por “el berlusconismo y el antiberlusconismo”. El juego de odios y venenos puesto en práctica durante dos décadas por el anterior primer ministro ha arrastrado por el sumidero de la inmundicia a propios y también a extraños. “Italia”, decía Veltroni en un bello y aplaudido discurso en el que alabó de paso la labor de Monti, “necesita una profunda revolución democrática y una guerra; una guerra a la Mafia y a la ilegalidad”. Viene esto a cuento porque, durante los últimos días, se ha venido dando por seguro en Italia que la candidatura de Monti estaba más que justificada aunque solo fuera como antídoto del incombustible Berlusconi. Nadie parecía advertir el peligro contrario. Que quien terminara quemándose fuese Monti, obligado a luchar por “un puñado de votos” —expresión de Napolitano— en un terreno que Berlusconi domina, el de los titulares a quemarropa (“la prima de riesgo es una estafa”, “vuelvo porque Italia me necesita”, “Monti es un pequeño protagonista de la política”) y las amenazas, veladas o no tanto, de las que no se salva ni el Vaticano —al que acaba de recordar los beneficios que obtuvo de sus gobiernos— ni los magistrados que lo juzgan. La fiscal de Milán Ilda Boccassini, acusadora de Berlusconi en el caso Ruby, sufre el acoso de algunos medios de su imperio mediático en una vieja táctica de intimidación. ¿Está dispuesto el profesor Monti, antiguo rector de la prestigiosa y poderosa Universidad Bocconi de Milán, excomisario europeo, exasesor de Goldmand Sachs y senador vitalicio de Italia con posibilidades de convertirse en presidente de la República, a batirse el cobre por los callejones de la política con ese viejo pendenciero llamado Silvio Berlusconi? La solución, el domingo.
Esta tarde han sido cumplidos escrupulosamente los rituales del adiós. La Cámara de Diputados ha aprobado —309 votos a favor, 55 en contra y cinco abstenciones— los presupuestos y ha desbloqueado un decreto que prohíbe las candidaturas de políticos con condenas. El Consejo de Ministros ha celebrado su última reunión y Mario Monti ha subido a ver a Napolitano, a quien no han gustado las prisas de su pupilo por terminar abruptamente el mandato técnico, y le ha presentado la dimisión. El profesor ya está libre para anunciar el domingo su aterrizaje en la política y así darle una alegría a Angela Merkel y asociados o, por el contrario, ser fiel a aquello que repetía durante los primeros meses de su mandato: “Mi compromiso finaliza en 2013. No me gustaría seguir siendo primer ministro”. El valor de la palabra dada.
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

Market Overview
 
FTSE MIB16.281,40-0,72%
FTSE 1005.932,46-0,43%
DAX 307.626,04-0,60%
CAC 403.659,60-0,19%
Swiss Market6.880,46-0,47%
S&P 5001.427,68-1,11%
NASDAQ3.004,67-1,50%
Hang Seng22.506,29-0,68%
La visión está sostenida en la generación de soluciones inteligentes.

El número de turistas internacionales aumenta un 2,9% en noviembre

La cantidad de viajeros ascendió hasta los 55 millones en los once primeros meses del año

Turistas tomando el sol en Benidorm. / ROSA FUSTER

El turismo sobrevive a los estragos de la recesión. El buen tiempo sigue atrayendo a los viajeros extranjeros, que aterrizan en España y animan un sector que se autoproclama puntero. Los datos le dan motivos. Entre enero y noviembre, el número de turistas internacionales ha llegado a los 55,1 millones, una subida del 2,9% con respecto a 2011, año en el que el número de llegadas se saldó al cierre con un fuerte aumento del 7,6% debido a las revueltas del mundo árabe, que supusieron un ingente trasvase de viajeros hacia el sur de Europa.
Las previsiones para este año, que auguraban un aumento menor pero constante, se están cumpliendo. Tan solo en abril, octubre y noviembre, el número de turistas extranjeros ha disminuido en relación a 2011. En el caso de noviembre, la caída ha sido mínima, tan solo del 0,2%, según los datos publicados esta mañana por la encuesta de Movimientos Turísticos en Frontera (Frontur) del Ministerio de Industria, Energía y Turismo.
El informe publicado esta mañana confirma un hecho destacado en las anteriores publicaciones de este año: Rusia ha descubierto España. Aunque todavía suponen una porción pequeña del queso, el aumento de los turistas rusos es considerable al subir un 46,6% en noviembre y un 41,5% en el acumulado anual. El Reino Unido, Alemania, Francia y los países nórdicos repiten como principales mercados emisores. El número de viajeros británicos ascendió un 4,8%, el de franceses el 12,6% y el de los países nórdicos el 8,6%. Alemania e Italia, sin embargo, registraron una caída del 3,5% y el 9,5%, respectivamente.
Por comunidades, todas evolucionaron de manera positiva, excepto los archipiélagos canario y balear. Canarias, el primer destino en noviembre, retrocede un 3,9% dada la menor afluencia de turistas alemanes, fundamentalmente, y registra dos meses consecutivos de descenso. Cataluña, segundo destino en noviembre, continúa con la tendencia creciente de los meses precedentes, registrando un avance del 2,4% gracias fundamentalmente al Reino Unido, Alemania y Francia.
La Comunidad de Madrid, tercer destino, retorna a la senda del crecimiento del primer semestre, con un avance del 3,3%, a lo que contribuye enormemente la mayor afluencia de turistas franceses. Andalucía, cuarto destino, protagoniza un avance próximo al 5%, influida por la próxima evolución llevada a cabo por los turistas británicos.
La Comunidad Valenciana, quinto destino, crece un 4,1%, tras el descenso registrado en octubre, a lo que contribuye las llegadas de franceses y nórdicos. Las Islas Baleares, sexto destino del mes, rompe con seis meses sucesivos de subidas al caer un 2,6%, dado el retroceso registrado por el mercado alemán, tradicional mercado emisor del archipiélago.
Los turistas que acceden por aeropuerto se incrementaron en noviembre un 1,3%, mientras que los que optan por la carretera descendieron, por segundo mes consecutivo, un 2,4%. El alojamiento hotelero acoge en noviembre prácticamente la misma cifra de turistas que hace un año, mientras el alojamiento no hotelero protagoniza un avance del 2,7%, siendo la vivienda alquilada la categoría que más aporta al crecimiento.
Los turistas que contrataron paquete turístico retrocedieron un 6,3%, repercutiendo la bajada en todas las comunidades excepto en Andalucía y la Comunidad Valenciana, donde experimentó un notable avance. Por el contrario, los que no recurrieron a estos servicios se incrementaron cerca del 4%, tras el descenso acontecido en octubre, y se dirigieron principalmente a Cataluña y la Comunidad de Madrid.

Las pernoctaciones hoteleras caen un 5,1% en noviembre

Los hoteles españoles registraron 13,9 millones de pernoctaciones en noviembre de este año, lo que supone un descenso del 5,1% respecto al mismo mes de 2011, según los datos difundidos este viernes por el Instituto Nacional de Estadística (INE). Los precios hoteleros registraron en el undécimo mes del año un recorte del 1,8%, con una facturación por habitación ocupada de 69,8 euros de media y unos ingresos por habitación disponible de 32,6 euros.
La caída de las pernoctaciones experimentada en noviembre se debió al comportamiento de los turistas residentes, que redujeron un 12,5% su estancia en estos establecimientos, frente a los extranjeros, que incrementaron un 0,5% sus pernoctaciones en hoteles. La estancia media disminuyó un 2,4% en noviembre en tasa interanual, situándose en 2,9 pernoctaciones por viajero.
Entre enero y noviembre, las pernoctaciones en establecimientos hoteleros bajaron un 1,7% en comparación con el mismo periodo del año pasado.