mardi 8 octobre 2013

Frena la borse de Milano

Lo spettro del default Usa frena la Borse.
Milano scatta nel finale e chiude in rialzo

Negli Stati Uniti continua la paralisi politica che ha già causato lo shutdown di diverse attività nazionali: per evitare il fallimento restano 10 giorni, ma Repubblicani e Democratici sono fermi sulle loro posizioni. Buffett: "E' una bomba atomica". Piazza Affari in controtendenza, lo spread stabile sotto 250 punti con rendimento al 4,3%

di GIULIANO BALESTRERI
MILANO - Gli Stati Uniti zavorrano le Borse mondiali, ma Piazza Affari riesce con un colpo di coda a chiudere in controtendenza con un rialzo dello 0,7%. Mentre la Banca mondiale taglia le stime di crescita per quest'anno e il prossimo in Cina e nella maggior parte dei paesi emergenti asiatici, è iniziato il conto alla rovescia per scongiurare il default degli Usa: ancora 10 giorni e senza un accordo sul tetto del debito, Washington non sarà più in grado di pagare gli interessi. Peggio, il governo rischia di finire la liquidità in pochi giorni. "Un bomba atomica con conseguenza neppure immaginabili" ha detto Warren Buffett pochi giorni fa, mentre gli analisti temono un effetto "devastante" sui tutti i mercati mondiali, "peggio del crack di Lehman Brothers" secondo gli addetti ai lavori.

Eppure dopo lo shutdown, la paralisi che da una settimana sta bloccando le attività statali americane per mancanza di fondi (foto), non ha spinto Democratici e Repubblicani a trovare un accordo con le accuse che vengono rimpallata da una parte all'altra: "Il credito della nazione è a rischio a causa del rifiuto dell'amministrazione di sedersi e discutere". ha detto lo speaker repubblicano alla Camera, John Boehner in un'intervista alla Abc. Due anni fa fu trovato un accordo in extremis, ma da allora non sono più stati fatti passi avanti per mettere in sicurezza i conti americani e così a marzo sono scattati i sequester, i tagli automatici alla spesa pubblica prevista dalla legge che frenano la già fragile riprese americana. Protesta la Cina che detiene oltre 1.200 miliardi di dollari di debito americano e vuole "garanzie di stabilità" per i propri investimenti negli Stati Uniti.

In questo contesto le Borse europee chiudono deboli, ma Piazza Affari allunga a un'ora dal termine delle contrattazioni grazie alle banche e il Ftse Mib segna il +0,66% finale. Gli altri principali listini del Vecchio continente chiudono invece deboli: Londra arretra dello 0,26%, Francoforte cede lo 0,36% e la sola Parigi riesce a tornare sulla pari (+0,03%). In ribasso Wall Street: mentre in Europa terminano gli scambi il Dow Jones cede lo 0,65%, in linea con il Nasdaq e l'S&P 500.

Tra i singoli titoli della Borsa italiana si registra la performance positiva, oltre a World Duty Free, di Mps, nel giorno del cda chimato ad approvare il piano di ristrutturazione. Bene anche Finmeccanica, dopo il passaggio di Ansaldo Energia al Fondo strategico della Cdp, mentre soffrono ExorCampari e Telecom, sulla quale pesa sempre il rischio downgrade.

Giornata interlocutoria sul mercato dei cambi, con l'euro che chiude la seduta stabile a 1,3561 dollari e 131,60 yen. Fa meno paura, invece, l'Italia dove il governo Letta è rinvigorito dopo aver incassato la settimana scorsa un doppio voto di fiducia. Si registra comunque un leggero rialzo per lo spread, la differenza di rendimento tra Btp e Bund, che si colloca a 248 punti base, per un rendimento dei titoli di Stato italiani vicino al 4,3%.

In mattinata, intanto, la Borsa di Tokyo ha archiviato il quarto ribasso consecutivo piombando ai nuovi minimi da un mese per le ripercussioni del perdurante shutdown Usa: l'apprezzamento dello yen penalizza i settori dell'economia nipponica maggiormente esposti sul fronte dell'export. In chiusura l'indice Nikkei dei 225 titoli-guida ha perso dunque 170,99 punti pari all'1,22% ed è sceso a quota 13.853,32, la più bassa dal 6 settembre scorso: e in precedenza aveva pur brevemente toccato quota 13.841,93. Male oggi anche il Topix relativo all'intero listino, che a sua volta ha ceduto 16,24 punti pari all'1,40% per attestarsi infine a quota 1.147,58.

Sul fronte delle materie prime, l'oro è in ripresa sulle attese di un protrarsi dell'intervento di stimolo all'economia da parte della Federal Reserve negli Stati Uniti per evitare le conseguenze della paralisi statale causata dal mancato accordo sul bilancio. Il metallo con consegna immediata, alla chiusura dei mercati europei, recupera quasi un punto percentuale sopra quota 1.320 dollari l'oncia; da inizio anno i timori di un ritiro degli stimoli all'economia avevano fatto crollare le quotazioni del lingotto del 22%. Il prezzo del petrolio, invece, è in calo ma il Wti resta sopra 103 dollari al barile.
(07 ottobre 2013)

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